Le gravità

Le gravità

Le gravità è un musical che ho prodotto nel 2005,  uno spettacolo di danza ibrido liberamente ispirato alla vita di Martin Luther King.

Ancora oggi riconosco nel processo che mi ha condotto a concettualizzare questo spettacolo uno dei più interessanti, coinvolgenti ed emozionanti che la mia mente abbia prodotto.

Lo ricordo sempre con molto piacere perchè richiese da parte mia lo svolgimento di un’enorme mole di lavoro di ricerca storica, di ricerca musicale, di lavoro di editing audio, di lavoro coreografico per giungere alla stesura finale che presentammo, al nostro piccolo pubblico, nel giugno del 2005.

In quell’anno ricordo che avevo notato nei miei allievi comportamenti che per me erano (e restano) inaccetabili: una sorta di latente intolleranza verso il diverso. Visto che considero il razzismo  un crimine di ignoranza decisi che avrei potuto dare loro una visione più ampia facendo vivere loro la storia di MLK attraverso il loro corpo perchè la conoscenza combatte l’ignoranza e fa sempre la differenza, e, perchè ciò che impari facendolo fisicamente con il tuo corpo lascia una traccia che non può essere cancellata.

Sono sempre stata attratta dalla luce di Martin Luther King, alcune persone nascono per cambiare il mondo in meglio e lui lo fece senza armi, pacificamente. E’ sicuramente la figura storica che riconosco come uno dei miei miti indiscussi, un grande uomo che ha ispirato la mia concezione del mondo.

In questo particolare momento storico io spero che quel mio piccolo spettacolo faccia capolino nelle menti dei miei piccoli allievi di allora e li aiuti a non cadere in questo diffuso sentimento di pseudo razzismo che aleggia nell’aria.

Perchè raccontare di uno spettacolo su un blog?

Perchè quello che ho fatto non resti chiuso nel passato, circoscritto al  minuscolo luogo fisico da cui provengo,  e possa invece ispirare altre persone diventando il  punto di partenza per una loro versione o  essere riprodotto nella sua interezza seguendo queste mie linee guida.

Posterò solo la sinossi dello spettacolo così come raccontammo al pubblico nel programma quella sera e la progressione musicale che ho utilizzato che poi è uno dei due mezzi narrativi utilizzati per sviluppare la storia.

 

 

Le Gravità

Musical liberamente ispirato alla vita di Martin Luther King

Memphis, 4 Aprile 1968: un colpo di fucile ferisce mortalmente Martin Luther King. Dio ed i suoi angeli scendono sulla terra per accogliere la sua anima e portarla con loro; le note di un canto accompagnano l’ultimo viaggio: “dormi questa notte e forse i tuoi sogni potranno realizzarsi”.

Mentre l’anima si allontana dalla terra, Martin Luther King ripercorre le tappe della sua vita, come in una visione. Si torna indietro nel tempo, molti anni prima che lui nascesse: i suoi progenitori vennero strappati dalla loro terra, l’Africa, per essere condotti, come schiavi, in America. Un intero popolo fu legato in catene e ridotto in schiavitù nei campi di cotone dell’America del sud, solo perché il colore della loro pelle era diverso.

D’improvviso eccoci proiettati in un’altra America, in un altro tempo: sono trascorsi diversi anni dalla morte di Luther King, e l’America adesso è un luogo dove le lotte hanno avuto termine, finalmente l’America è la terra del sogno, dove la Statua della Libertà, Lady Liberty, attende coloro che arrivano per ricordare a tutti che ognuno ha la libertà di essere ciò che è; un sogno è ormai divenuto realtà. Era per la realizzazione di questo sogno che aveva vissuto e lottato Martin L. King, un uomo capace di unire bianchi e neri in una lotta non violenta per la conquista dei diritti civili. Ripercorrere la sua vita diventa quindi un cammino lungo i sentieri della libertà e dell’uguaglianza.

Negli anni della sua prima infanzia, ancora non consapevole della differenza del colore della sua pelle, Martin giocava nei cortili e nelle strade del suo quartiere con il suo amico del cuore, un bambino bianco, e con tutti gli altri suoi amici. Fino a che un giorno, nei primi anni di scuola, fu escluso dai giochi dei suoi vicini di casa, cui fu addirittura vietato parlare con lui. Martin non riusciva a capire il motivo dell’allontanamento; non poteva capire perché la madre del suo amico ce l’avesse con lui. Invano la mamma di Martin cercò di rasserenarlo, e di spiegargli cosa significasse essere di colore e vivere in uno Stato del Sud. Fu lei a raccontargli delle lontane origini africane, della lunga e terribile schiavitù sopportata dalla sua gente, della Guerra di Secessione che aveva dato loro, almeno formalmente, la libertà. Martin però dovette rassegnarsi alla perdita del suo amico.

Pochi anni dopo un altro episodio portò Martin a riflettere ancora una volta sulle ingiustizie che la sua gente era costretta a subire. Un giorno andò con suo padre ad acquistare un paio di scarpe; ma giunti davanti al negozio, il commesso vietò loro di entrare dall’ingresso principale, riservato solo “alla razza bianca” e, con disprezzo, ordinò loro di entrare dal lato posteriore; il pastore King fece osservare che non c’era alcuna differenza di colore tra i suoi dollari e quelli “dei bianchi” e che, se non poteva entrare dalla porta principale, preferiva andarsene.

Martin crebbe, divenne un uomo; Dio e due angeli, l’angelo dello spazio e quello del tempo, tennero sempre la loro mano salda e sicura su di lui. La vita in Georgia metteva costantemente il giovane Martin di fronte a domande alle quali non riusciva a trovare risposte. Figlio di un pastore, aveva vissuto la sua vita seguendo i principi della religione, ma più si guardava attorno e più si chiedeva dove fossero l’amore e la fratellanza che gli avevano insegnato. Il mondo, in Georgia, non era quello che avrebbe voluto. La sua coscienza entrò in crisi: come era possibile amare solo quelli che ci erano vicini, e non amare l’intero genere umano, anche se lontano per colore, cultura o lingua? Che confini aveva l’amore di Dio? E come sarebbe stato possibile realizzare in modo universale il messaggio d’amore di Gesù?

Attorno a sé vedeva solo il disprezzo dei bianchi per il colore della sua pelle, vedeva il dolore dei suoi fratelli e lo sentiva come suo. Sentiva di dover fare qualcosa, ma ancora ma non sapeva come. Doveva ancora scoprire ancora qual era il disegno che era chiamato a compiere. Sarà ancora una volta una voce divina ad indicargli la strada, e invitarlo a seguirla e realizzare il suo progetto, la sua vita.

Fu quando Martin arrivò al college che i suoi dubbi e le sue domande iniziarono a trovare una risposta. Conobbe un professore con cui confidarsi e che lo aiutò nel comprendere chi era; grazie a lui Martin conobbe la Satyagraha, (spiega cosa è, io non lo so) e Gandhi, il leader indiano che lottava per ottenere i diritti attraverso la non violenza. Fu allora che capì come l’amore di Dio potesse coincidere con l’amore universale. In quel periodo conobbe Coretta Scott, la persona che lo avrebbe accompagnato per il resto della sua vita, se ne innamorò e la sposò. Il loro amore era così forte da far risplendere i colori, ed andare al di là del bianco e del nero: “Riesco a vedere i tuoi veri colori, non aver paura di farli risplendere”, sono i versi che accompagnano la storia di Martin e Coretta.

Durante gli anni universitari i due vissero nel nord dell’America, dove i problemi razziali erano meno forti rispetto al sud del paese e alla Georgia, terra natale di Martin. Ma una volta conclusi i suoi studi e diventato Pastore come suo padre, Martin sentì di non poter restare lontano da casa, in una baia tranquilla dove però la sua vita gli sembrava inutile; sentì di dover tornare lì dove i problemi erano più grandi, dove il colore della pelle era ancora una forte discriminante: nella sua amata Georgia.

“Non posso starmene qui, seduto a fare niente, guardando il tempo andar via o facendo quello che dieci persone mi dicono di fare. Io non sono cambiato, ho ancora voglia di fare qualcosa”. Presa la decisione d’accordo con Coretta, i due ripartirono per la Georgia, in un viaggio pieno di speranza e di nostalgia nell’attesa di ritrovare i posti in cui erano vissuti.

“Altre braccia mi hanno sorretto,

altri occhi mi hanno sorriso dolcemente,

ma ancora nei miei sogni sereni io vedo,

la strada che mi riporta a te,

Georgia, dolce Georgia, e non ho pace”

 

SECONDO TEMPO

Di nuovo in Georgia: nulla è cambiato. Il silenzio della notte è infranto dalle urla degli oppressi, non si può dormire, non si può far finta di non sentire, di non vedere che nessuno corre in aiuto, nemmeno la polizia. E una notte un gruppo di esaltati, con la complicità di poliziotti bianchi e corrotti, organizzano una spedizione punitiva nei confronti dei neri: nelle strade risuona il loro canto di odio:“questa notte qualcuno andrà in prigione in città; state attenti siamo arrivando”.

Last night I heard the screaming

Loud voices behind the wall

Another sleepless night for me

It won’t do no good to call

The police

Always come late

If they come at all

Poi, ad un certo punto, qualcuno trova la forza di dire basta, di non piegare la testa di fronte all’ennesimo sopruso, e di scuotere le coscienze di chi resta seduto a guardare. Quella volta accadde a Montgomery, una cittadina della Georgia. La signora Rosa Parks, una sarta di colore, tornava dal lavoro e sedette sull’autobus su uno dei posti riservati ai bianchi. L’autista le chiese di alzarsi, ma la donna si rifiutò: era suo diritto stare seduta lì. L’autista chiamò la polizia e la donna venne arrestata. Ma questa volta la storia non finì lì. Venne indetto il boicottaggio degli autobus: nessun uomo di colore vi sarebbe più salito fino a che non fosse stata abolita la divisione dei posti. Il boicottaggio ebbe esito positivo, anche grazie all’adesione dei bianchi. Fu quella la prima vittoria politica di Martin, a capo del movimento e da poco presidente dell’ Associazione Nazionale per i diritti civili.

Con la sola arma delle sue parole Martin riusciva a coinvolgere non solo i neri, ma anche i bianchi: le marce per il riconoscimento dei diritti avanzavano al ritmo di vecchi canti spirituals e di inni di speranza: we shall overcome,

“alla fine ce la faremo”, unendo in un unico coro pelli dai colori diversi.

“alziamoci e lottiamo per la libertà!

Marciamo per la libertà!

Non possiamo stare fermi.

E un giorno noi saremo liberi”

Ma questo vento di cambiamento, di libertà e fratellanza, non era ben visto dai potenti che non volevano che le cose cambiassero. Il movimento, e Martin in prima persona, ricevettero più volte le minacce e gli attacchi del Ku Klux Klan. Ma la violenza non fermò le parole, né le marce. Nemmeno il carcere ci riuscì.

Martin vide molte volte le porte della prigione; molte volte le sbarre chiusero il suo sguardo. Ma non si arrese. Sapeva di non essere solo. Coretta soffriva con lui e pregava per lui. Anche Dio non l’aveva mai abbandonato.

Nell’agosto del 1963 Martin L. King guidò un’enorme manifestazione interrazziale a Washington, dove pronunciò un discorso che univa i criteri della non violenza e gli ideali cristiani.

“Sono felice di unirmi a voi oggi, in quella che verrà ricordata come la piú grande manifestazione per la libertà in tutta la storia del nostro paese.

Io ho un sogno …

sogno che un giorno laggiù in Alabama, i bambini neri potranno unire le loro mani con quelle dei bambini bianchi, come fratelli e sorelle.

Io ho un sogno oggi!

Sogno che un giorno ogni valle sarà elevata, ed ogni collina e montagna sarà spianata.

I luoghi impervi saranno piani ed i luoghi tortuosi saranno diritti, e la gloria del Signore sarà rivelata ed il genere umano sarà riunito.

Questa è la nostra speranza. Questa è la fede con cui io oggi ritorno al Sud.

Con questa fede potremo trasformare il suono dissonante della nostra Nazione in un armoniosa sinfonia di fraternità. Con questa fede saremo capaci di lavorare insieme, di pregare insieme, di lottare insieme, di andare in prigione insieme, di sollevarci insieme per la libertà, sapendo che un giorno saremo liberi.

Quello sarà il giorno in cui tutti i figli di Dio potranno dire con un nuovo significato ‘il mio paese è tuo, dolce terra di libertà, di te io canto’. Terra dove è morto mio padre, terra orgoglio del pellegrino; da ogni lato della montagna facciamo risuonare la libertà.

Quindi lasciate risuonare la libertà.

Liberi finalmente; grazie Dio Onnipotente, siamo liberi finalmente.”

La folla procede consapevole di stare vivendo una vera rivoluzione:

“Non lo sai? Stanno parlando di una Rivoluzione.

Sembra un sussurro. Non lo sai?

Stanno parlando di una Rivoluzione.

Sembra un sussurro.

La gente si ribellerà e si prenderà la sua parte; si prenderà ciò che le appartiene”

Ma l’amore è pericoloso, e una rivoluzione pacifica minaccia poteri di pochi. E il sogno di tanti rischia di essere infranto dalla follia di uno, che si erge a Dio e decide di togliere la vita ad un altro uomo. Così, tra la folla, si fa avanti l’assassino che ucciderà Martin Luther King. Qui sembra finire il viaggio, la visione…

Ma i sogni non muoiono. Le parole e il messaggio di Martin Luter King risuonano ancora, e ci invitano ancora oggi a lottare per i diritti di ogni uomo. L’unico vero potere è quello dell’amore, e dell’amore di Dio per gli uomini.  Dio è disposto a perdonare, e ad accogliere tra le sue braccia tutti, anche coloro che hanno commesso errori.

 

Le musiche che utilizzai  non erano state create per questo viaggio nella vita di Martin Luther King  perciò la mia fù una vera e propria opera di studio del testo delle canzoni e di tagli conseguenti, stratagemma con cui riuscii  ad asservirle alla narrazione :

Jigalong -Peter Gabriel
MLK – U2
Stealing the children-Peter Gabriel
Coming To America – Neil Diamond
Remember The Titans – Titans Spirit
Na na hey hey kiss him goodbye – Steam
Remember The Titans – Titans Spirit (ripresa)
Why can’t we be friend – Smash Mouth
She works hard for the money – Donna Summer
The Green Mile Soundtrack – Main Theme
I’m Kissing You -Des’ree
Mind storm J. Satriani
Losing my religion R.E.M
True Colors -Phil Collins e True Colors – Eva Cassidy
(Sittin’ On) The Dock Of The Bay -Otis Redding
Georgia On My Mind – Ray Charles
Talkin’ bout a Revolution Tracy Chapman
Jailbreak-Thin Lizzy
Get Up Stand Up-Bob Marley
Stealing de children -Peter Gabriel ( ripresa)
Manowar Fight for freedom
( questi li ho messi a posta, come sorta di ritorsione karmica chi conosce questo gruppo ne capirà il motivo )
Pride (In The Name Of Love) U2
We shall overcome-Joan Baez
The Unforgettable Fire-U2
Racial Motivation- The Hurricane OST
I say a little prayer Aretha Franklin
What If God Was One Of Us Joan Osborne
Blackbird -The Beatles
Children of the Revolution T. Rex
An Angel Falls (City of Angels)
Talkin’ bout a Revolution Tracy Chapman (come ripresa)
The sound of silence nella versione di Gregorian.

Il discorso di Martin Luther King venne recitato in italiano da un attore locale, registrato e quindi inserito nello spettacolo stesso mentre in sottofondo andava il discorso originale con la voce di MLK .

C’erano inoltre una serie di stratagemmi scenici che sottolineavano, aumentando il pathos i vari momenti della storia.

Per ovvie ragioni non metto online la traccia audio finale, se qualcuno fosse  interessato può semplicemente chiedermela passando la mia pagina  facebook , e naturalmente può fare lo stesso per qualunque domanda inerente la sua produzione.

Flora Tarantino