Musica e danza : il mio metodo.

Musica e danza : il mio metodo

I tuoi allievi hanno la capacità di sentire la musica ed ascoltarla quando ballano?  O hai insegnato loro solo a contarla ?   Ti sei mai chiesto se hai generato dei pappagalli o delle menti danzanti?

Io me lo sono chiesto più e più volte, perché ho la bellissima abitudine di criticare il mio operato per migliorare, cosa che avviene anche ora che sono apparentemente ferma.

Partendo dalla constatazione che ho sempre avuto un grosso limite, che consiste nel non contare la musica perché  distratta dalle immagini che il mio cervello produce e dalle storie che questa  mi racconta mentre ascolto, ho pensato che probabilmente sarebbe stato più utile per chi avevo d’avanti costruire il percorso in un modo un po’ differente. Con questo metodo io potevo essere un’insegnante migliore e loro potevano imparare qualcosa che li avrebbe comunque arricchiti in primis come persone.

Ovviamente il metodo didattico del conteggio è fondamentale ed occorre utilizzarlo sempre, ma non l’ho mai considerato vitale almeno non tanto quanto la capacità di ascoltare e tradurre in movimento le frasi musicali.

Nel corso degli anni ho inserito durante le mie lezioni in modo progressivo dei momenti in cui sottolineavo ai miei allievi quello che succedeva qui o lì nella musica,

Questo accadeva in diverse situazioni: mentre creavo le coreografie, gli esercizi da portare in gara, o anche durante il riscaldamento. Ho sempre cercato di dare loro un riferimento sonoro associato al movimento che diventasse duraturo, quasi automatico e che li legasse alla musica insegnando loro ad ascoltarla sempre mentre si muovevano.

Per arrivare a questa consapevolezza utilizzavo spesso un esercizio estremamente ludico, ma semplicissimo (a cui partecipavo anche io), e che ,con qualche piccola variazione, ripetevo con tutte le fasce di età. L’esercizio consisteva nel mandare in sequenza alcune musiche durante le quali sfruttando la naturale immaginazione dei bambini: chiedevo di ascoltare il suggerimento della musica e di raccontarmi una storia senza parlare solo seguendo la musica muovendosi liberamente.

Per fare un semplicistico esempio: musica lenta uguale movimenti lenti, interazione con i compagni lenta, musiche veloci massima espressione di energia salti, voli, lotte.

I bambini impiegano mezzo secondo per capire la tua richiesta ed agire seguendo la libertà che gli stai offrendo, non sono certo come i vecchi o gli adulti, loro sono dinamici e inventare storie è un gioco troppo ghiotto a cui partecipano sempre volentieri.

Gli ho visto inventare storie incredibili che non sarebbero venute in mente neppure ad uno dei più premiati scrittori al mondo.

Ovviamente maggiore era l’età dei partecipanti, maggiori le richieste da parte mia e la difficoltà di ascolto della musica che proponevo.

Ottenevo, così , una progressiva crescita della capacità di ascolto rafforzando il legame emotivo che ogni ballerino deve avere con la musica, il linguaggio tecnico deve arrivare successivamente o in contemporanea ma deve essere il mezzo di espressione e l’arricchimento del vocabolario espressivo un po’ come le parole lo sono per il pensiero e non lo scopo ultimo ed unico nella formazione di un ballerino.

In conclusione e secondo la mia esperienza assecondando la naturale propensione degli esseri umani a danzare e a legarsi emotivamente alla musica, l’arte più astratta che possa esistere, si può creare il fondamento dell’anima del ballerino per poi aiutarlo a strutturare al meglio il suo linguaggio attraverso la tecnica.

Vi racconterò nel prossimo post di una variazione ad integrazione di questo esercizio che usavo molto negli ultimi anni prima che io mi mandassi da sola in pensione.

Flora

(o come qualcuno ancora osa impudentemente chiamarmi la Maestra.)